CAPITOLO 6
Dopo quella mattina di ricordi, il commissario decise di andare a scoprire i dintorni.
Si mise in auto e raggiunse il lungomare, ormai conosceva perfettamente la strada, ma decise che non si sarebbe fermato in ufficio, non avrebbe accettato un altro invito a pranzo. Palumbo era stato davvero gentile il giorno prima, ma era ora di guardarsi intorno.
Prese il cellulare e chiamò il suo vice, che rispose al primo squillo:
“Mario, ci avevo perso le speranze! Tutto a posto? Che ti ha detto il questore?”
“Tranquillo, è tutto a posto. Mi ha conosciuto, abbiamo parlato un po'.”
Volutamente non gli disse dei trascorsi accademici, sarebbe parsa una cosa indelicata.
“Ora che fai? Passi in ufficio?”
“No, verrò direttamente nel pomeriggio. Mi prendo un paio d'ore per esplorare i dintorni e magari scoprire un buon ristorante.”
“Ristorante? Ma dai, vieni a casa mia!”
“No Luca, ti ringrazio. Ieri sei stato veramente tanto gentile, ma ho bisogno di una passeggiata.”
Palumbo non replicò. Sapeva, per esperienza, che a volte è necessario stare un po' per conto proprio per ricaricare le batterie. Il commissario non aveva famiglia e forse proprio da qui nasceva questa esigenza di star solo per un paio d'ore.
In breve tempo Boschi raggiunse la pineta, superò il commissariato, giunse davanti alla zona degli alberghi. Erano davvero grandi ed occupavano un intero quartiere, tanto che gli abitanti del posto lo chiamavano “la zona dei grandi alberghi”. Incontrò il cinema multisala, andò oltre e finalmente giunse al sottopasso ferroviario, superato il quale si ritrovò sulla statale. Riconobbe il posto, da là era arrivato qualche giorno prima; andò verso l'autostrada, superò il ponte sul fiume ma decise poi di proseguire diritto. Il casello della A14 si vedeva in lontananza, quindi sparì alla vista del commissario, che stava puntando decisamente verso nord.
Si trovava in una località denominata Marina di Città S. Angelo, che si sviluppava lungo la statale in una successione di case, negozi, piccoli ristoranti, officine artigiane. Accanto alla statale, verso il mare, correva la ferrovia. Ogni tanto qualche treno passeggeri o merci accompagnava l'auto del commissario per un breve tratto.
Si trovò a superare un altro ponte, sopra il quale lesse un cartello: torrente Piomba. Era questo il nome del corso d'acqua che il ponte superava, ma il commissario intravide solo canne ed erba alta. Di certo, pensò, se nella stagione autunnale non si fa pulizia c'è il rischio di una pericolosa piena. Aveva avuto esperienza diretta di questo con il nonno, lassù nel Monferrato, quando coloro che possedevano un pezzo di terra affacciato sul fiume provvedevano a pulirne la scarpata dalle erbacce.
In una sola occasione questo non era stato fatto ed il giovane Mario vide il nonno disperarsi per la perdita di un pezzo della sua vigna, portato via dalla piena.
Immerso com'era nei suoi pensieri, il commissario non lesse il cartello con il nome della località, posto dall'altra parte del ponte. Superò una rotatoria con una fontana al centro, decise di non prendere il sottopasso a destra e proseguì. Vide una grande costruzione curva, al disotto della quale si trovava un supermercato, quindi incontrò un altro supermercato più avanti. Dall'altro lato della strada vi era un grande piazzale. Vi si trovavano un distributore di benzina, un bar, un gommista ed un ristorante. L'auto del commissario non aveva bisogno di manutenzione, ma approfittò per fare il pieno. All'addetto che lo stava servendo domandò:
“Mi scusi, che città è questa?”
L'altro replicò, con aria indifferente:
“Silvi Marina.”
Acquisita l'informazione, il commissario girò gli occhi e vide che il piazzale aveva i parcheggi tutti utilizzati dagli autotreni. La cosa lo rallegrò, perchè secondo un'antica consuetudine gli autisti dei mezzi pesanti hanno la capacità di conoscere ristoranti e trattorie di ottima qualità.
Volle sperimentarne la veridicità, così parcheggiò l'auto e scese. Salì pochi gradini e si trovò sotto una grande tettoia in legno, dove i tavoli erano occupati da gente che chiacchierava amabilmente. Non trovando posto, entrò nella grande sala. Un cameriere gli si fece subito incontro, offrendogli un tavolo dal quale si poteva godere di un ottimo punto di osservazione. Il ristorante si chiamava “La Spigola d'Oro” ed era molto affollato; in quel momento era occupato dagli autisti dei mezzi pesanti parcheggiati nel piazzale, commessi viaggiatori, professionisti di vario tipo.
Al commissario quel posto piaceva. Gli piaceva osservare gli avventori, provare ad indovinarne la vita, le vicissitudini. Era un gioco che gli teneva allenata la mente, che lo faceva sentire pronto ad affrontare nuove sfide.
Ordinò spaghetti allo scoglio e scampi arrosto, ai quali il cameriere aggiunse, a titolo di benvenuto, una generosa porzione di cozze. Il vino della casa era buono, come pure il caffè. Il commissario non restò deluso. Pagò ed uscì, ripromettendosi altre visite future.
Decise che era giunto il momento di cercare una casa. Entrò nel bar posto a ridosso del distributore di benzina, al bancone si trovava una graziosa ragazza. Il commissario le domandò:
“Mi scusi, sa se qui è possibile affittare una casa?”
La ragazza rispose:
“Guardi, questo è un posto di mare ed i proprietari di case preferiscono affittarle solo d'estate. Ma può chiedere alle numerose agenzie immobiliari che si trovano sul lungomare.”
Dovette intuire lo sguardo interrogativo del commissario, perchè continuò:
“Lei esca dal piazzale e giri a sinistra, proseguendo verso nord. Alla prossima rotatoria volti a destra e faccia il sottopasso, più avanti troverà dei semafori, continui diritto. Si ritroverà sul lungomare e là potrà trovare le agenzie.”
“Mi è stata di grande aiuto, grazie. Come avrà capito dal mio accento, io non sono della zona. Ma da poco tempo mi trovo a lavorare qui vicino.”
Seguì alla lettera le indicazioni della ragazza, molto precise. In un batter d'occhio si ritrovò sul lungomare, quindi parcheggiò l'auto per cominciare a chiedere informazioni.
La prima agenzia che incontrò si chiamava “Casa Super”.
“Guardi, noi non affittiamo tutto l'anno. Abbiamo appartamenti che si affittano solo in estate.”
Come volevasi dimostrare. Il commissario capì che non sarebbe stato facile, ma come detto amava le sfide.
La successiva agenzia si chiamava “Casa Service” e sembrò dargli qualche speranza.
“Sì, abbiamo qualcosa che si affitta tutto l'anno. In questo momento è disponibile un monolocale di dieci metri quadrati con un piccolo bagno, ma si trova sotto al piano strada. Per questa ragione non ha finestre, bensì un piccolo lucernario che...”
Il commissario non ascoltò la fine della frase.
Domandò e domandò, sembrava che la ricerca fosse destinata all'insuccesso. Tornando verso l'auto in sosta, Boschi vide un piccolo bar, ma ben tenuto. Aveva bisogno di un buon caffè ed ebbe la sensazione che quello sarebbe stato il posto giusto.
Titolare del bar era una signora sulla settantina, i capelli raccolti in uno chignon, una voce pacata e rilassante. Si sarebbe detta una maestra intenta a spiegare la lezione ai suoi allievi.
Alla domanda del commissario rispose:
“Guardi, io avrei una casa da farle vedere. Appartiene ad una mia amica di Milano, lei ci veniva in vacanza con la madre. Da quando la signora è venuta a mancare, la mia amica va al mare altrove. Non ha intenzione di vendere la casa, almeno per ora. Ma se trova un inquilino serio, disposto a prenderla tutto l'anno, è senz'altro pronta ad affittarla.”
Il commissario non perse tempo e disse:
“Sono interessato, ma vorrei poterla vedere.”
“E' proprio qui accanto, la palazzina dopo il bar. Le dò le chiavi, può andarci anche subito.”
L'appartamento si trovava al primo piano di un'elegante palazzina moderna. Il commissario percorse una scala esterna, che immetteva su un pianerottolo ricco di fiori e piante rampicanti. Il portoncino, in un elegante colore verde, aveva accanto un campanello con l'etichetta: “Daliani Monica”.
Doveva essere il nome della signora milanese. Il commissario entrò e si trovò in un ampio salone, una parete dotata di una grande vetrata dalla quale si vedeva il mare, pavimenti in parquet. Le pareti erano dipinte in morbidi colori pastello. Una porta in vetri colorati immetteva nella zona notte, formata da tre ampie camere e due bagni. Non c'erano mobili, ad eccezione della cucina in muratura ricavata in una nicchia del salone d'ingresso. Condizionatori in ogni stanza, balcone che girava su tre lati della casa, molto ampio e dotato di tenda solarium sul lato verso il lungomare. Garage esclusivo, per tenere l'auto sempre riparata.
Al commissario quel posto piacque subito.
Tornò al bar, la signora chiamò la proprietaria, che avrebbe voluto sapere qualcosa di più sul nuovo, possibile inquilino. Tuttavia, quando Boschi disse qual era il suo mestiere, i dubbi sparirono. Firmò il contratto, prese le chiavi, fece per pagare il caffè ma la proprietaria del bar insistette per offrirlo (“fa piacere sapere della presenza di un commissario di polizia, fa stare tranquilli”), quindi se ne tornò in ufficio.
In commissariato trovò Palumbo che lo aspettava.
“Mario, novità?”
“Nulla, almeno per quanto riguarda il lavoro. E tu?”
“Sto lavorando sull'indagine del morto del palazzo, ma senza esito. Domani finalmente potrò sentire il portiere, sembra che si sia ripreso dallo shock. Perchè hai detto per quanto riguarda il lavoro? Ci sono altre novità?”
Il commissario rispose:
“Sì. Ho trovato un posto dove si mangia bene ed ho anche trovato la casa.”
Palumbo si precipitò nell'ufficio di Boschi con la velocità di un missile.
“Mi devi raccontare tutto.”
In breve, il commissario lo mise al corrente degli ultimi avvenimenti. Palumbo era felice per l'amico e collega, senza quei problemi di ordine pratico avrebbero lavorato meglio.
Passarono il resto del pomeriggio a firmare pile di carte che nessuno avrebbe mai controllato, quindi uscirono dal commissariato. Palumbo tornò a casa, il commissario rientrò alla pensione. Ora doveva pensare alla sua casa.